domenica 25 ottobre 2009

Prolegomena

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Ma il mio pensiero era solo di dolore per lei perduta, e i miei occhi s'appuntavano sulla Luna per sempre irraggiungibile, cercandola.

Italo Calvino, La distanza della luna, in Tutte le Cosmicomiche, Milano, Mondadori, 1997, pp. 23-24

È successo un paio di mesi fa, più o meno: abbiamo chiuso tutto con una telefonata. "Beh, ok. Io non ti chiamo più. Se cambi idea ti fai sentire tu". Naturalmente non ha cambiato idea. Io un po' sì un po' no, ma non ho telefonato.

D'altra parte gli ultimi mesi erano stati tutti un prendersi e un lasciarsi, un tira e molla di rabbia e di ripicche, di momenti dolcissimi di sesso e di sorrisi, di querimonie estenuanti e promesse di residua eternità.

Com'è strano che le cose possano finire così, in un momento. Il flusso della vita ha queste discontinuità e noi non ce ne rendiamo conto, immersi come siamo nella broda del fare e del finire di tutti i giorni. Poi, certo, te ne accorgi: un attimo, e le cose cambiano. Un gomito del fiume, tu infili un ramo e il paesaggio è un altro, e tu sempre lo stesso. È una cosa straniante, che lascia stupefatti. Di più: istupiditi.

Avevo sempre pensato che le cose sarebbero state sempre quelle che erano, e che del resto, in fondo, non me ne importava più di tanto, e invece... quanto male. Uno sciabordio leggero, un attimo di distrazione e ti trovi con il cuore che ti scoppia. E il bello è che non riesco neanche a gridare. Solo a scrivere queste quattro baggianate.

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