
Che cos'è un bacio? Un apostrofo rosa tra le parole "t'amo".
Edmond Rostand (Messaggio n. 36 dall'album dei Baci Perugina)
«Certo che è una stoonza». Me lo diceva stasera Meri davanti alla macchinetta, mentre mescolavo il mio caffè e osservavo la palettina creare piccole onde nella crema bianca e tabacco che si arricciava verso il centro del bicchiere. Stoonza non è proprio come stronza. Non è un'offesa: è un pensiero che si leva come una voluta di fumo dalla tazza e si disperde senza fare male. Non è una parolaccia: è un moto dell'animo morbido e pastoso che si leva dal cuore agitato, come la crema del caffè quando lo mescoli.
Non è un'imprecazione: è un soffio di mite indignazione che si curva nel dolcissimo svolazzo di una r e che resta come lo sbaffo del caffè dopo il piacere di averlo gustato lentamente.
La stoonza è lei, che quando passa tutti li saluta tranne me. E a volte, se mi sono vicini, li chiama pure, come a dire "Toh, beccatela! Loro sì che si meritano il mio affetto! Loro sì che si meritano la mia amicizia! Loro sì che si meritano il mio saluto!". O anche: "Vedi quanti amici ho, io? Vedi quante persone che mi vogliono bene? StRonzo!". Che poi, a ben vedere, il bene che le volevo io è stata lei a buttarlo a mare (per non dire altrove, restando in tema!). Ma sono dettagli.
Un po' mi dispiace che dica così: con la stoonza ci sono stato un anno e mezzo, non due sere. E poi non è un po' come dire: " Ma come diavolo hai fatto a non accorgertene? Allora sei scemo!"? Lei no, invece. Non si preoccupa e dello stronzo me lo da tranquillamente.
Che cosa strana! Dall'amore all'odio nel tempo di una telefonata. Dagli abbracci appassionati alla distanza esibita. Dai baci agli improperi. Ma in fondo, questa è lavita. E poi, che cos'è uno "Stoonza!"? Un apostrofo nero tra le parole "t'amavo".
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